Domenica 21 luglio 2019, il Castello di Montsoreau-Musée d’art contemporain accoglie My-Lan Hoang-Thuy e Julien Carreyn per il lancio di tre pubblicazioni della mostra « Véronique » presentata da Frac Poitou-Charente dall’8 febbraio al 18 maggio 2019. In queste pubblicazioni, My-Lan Hoang-Thuy si allontana dal formato tradizionale del catalogo della mostra, per dare la sua interpretazione del corpus di immagini creato e prodotto da Aurélien Mole e Julien Carreyn durante il montaggio « semifittizio » della loro mostra Angoumoisine.
Libreria del Museo – Ingresso libero
Orario: 18:00 pm – 19:30 pm
Veronica
Il FRAC di Nueva Aquitaine ha invitato Aurélien Mole, artista e fotografo specializzato nella documentazione dell’arte contemporanea, a progettare una serie di mostre basate sulle loro collezioni fotografiche. Aurélien Mole ha unito le forze con l’artista Julien Carreyn la cui opera, sensibile alla temporalità dell’estetica, esplora le potenzialità poetiche e simboliche del genere artistico accademico che è il nudo. La mostra che hanno progettato insieme ha rivelato la particolare attenzione dei tre nuovi FRAC aquitani per una fotografia di « fotografi », in particolare durante il primo decennio di sviluppo delle loro collezioni, quando questo mezzo non era ancora ampiamente utilizzato dagli artisti visivi. Le circa cinquanta opere selezionate sono state volutamente selezionate soggettivamente dai curatori-artisti secondo un « taglio estetico » attraverso le collezioni, guidati dalla seguente domanda: « Quali fotografie vorremmo vedere portate da una modella nuda nella sala espositiva? ». La mostra presentava anche opere fotografiche create da Aurélien Mole e Julien Carreyn durante il montaggio.
Julien Carreyn
Julien Carreyn è nato ad Angers nel 1973. Vive e lavora a Parigi. Dopo aver lavorato come direttore artistico, Julien Carreyn ha concentrato la sua attività sulla produzione di immagini, disegni e fotografie. Da allora, ha lavorato con grande perseveranza, e un po’ di ossessione, per produrre un corpus sempre più denso, esplorando territori diversificati come la sua cultura trasversale dell’immagine, che comprende anche i fumetti erotici degli anni Settanta, la pittura impressionista, l’illustrazione giovanile….. Più recentemente, in « Photographies du soir » alla Galleria del Crèvecoeur (Parigi), le fotografie all’aperto di Julien Carreyn esplorano il nostro paese, le sue difficoltà nel negoziare il suo prestigio, legato essenzialmente al passato, e la sua estetica obbedendo a criteri e gusti che si suppone siano quelli della classe media. Non è né un approccio critico né una testimonianza, ma piuttosto un volo; un desiderio di distanza il cui punto di partenza sarebbe un’area periurbana al limite del nulla. Tra il 2016 e il 2017, Julien Carreyn presenta « Chez Bergeron » a Le Vent des forêts (Fresnes-au-Mont) e una collaborazione « Julien Carreyn con Ker-Xavier » alla Galerie des Multiples (Parigi).
Aurélien Mole
Aurélien Mole è nato nel 1975 a Teheran. Laureatosi alla Scuola del Louvre in storia della fotografia, prosegue gli studi all’Ecole nationale supérieure de la photographie di Arles e conclude i suoi studi con un corso di formazione sulle pratiche della mostra diretta da Catherine Perret e Christian Bernard. Il suo lavoro è stato oggetto di mostre personali alla Galerie Lucile Corty nel 2009 (En bonne intelligence), alla Galerie Florence Loewy nel 2010 (Le Catalogue), a Villa du Parc nel 2012 (Sir Thomas Trope). Ha partecipato a numerose mostre collettive in Francia e in Europa (Cargo Culte à la Vitrine; Répétition dans l’épilogue, galleria Lucile Corty; If I can’t Dance I don’t want to be part of your revolution, Van Abbe Museum; Double Bind, Villa Arson). Inoltre, ha pubblicato regolarmente recensioni della mostra sulla rivista Art21 e monografie su artisti contemporanei (Aurélien Froment, Guillaume Leblon, Gaël Pollin….). Organizza anche mostre basate su dispositivi all’interno del collettivo le Bureau/(35h. ai Laboratoires d’Aubervilliers nel 2004; P2P al Casino, Lussemburgo, nel 2008) e a proprio nome (Relationship of Command, Galerie J a Ginevra nel 2007; Sfumato a Sassari in Sardegna nel 2008).
My-Lan Hoang-Thuy
My-Lan Hoang-Thuy è nata nel 1990 a Bourg-la-Reine. Vive e lavora a Parigi e ha frequentato un corso di formazione presso l’École nationale supérieure des beaux-arts de Paris dal 2015 al 2017.
« Due teste. Forse è un’opera a due teste che l’artista visivo My-Lan Hoang-Thuy sta dirigendo. Le sue creazioni si intrecciano con due culture visive, una occidentale e l’altra orientale. La cultura occidentale è, da parte sua, legata agli studi franco-svizzeri di graphic design, dove la storia dei suoi codici e il suo effetto sui condizionamenti della mente la permeano. Il risultato sono creazioni che mettono in discussione la potenza e l’impatto del linguaggio visivo sulla società. È il caso della serie di sculture in legno firmate dai grandi nomi della Sillicon Valley (Sergey Brin o Mark Zuckerberg). Disegnando nello spazio questi nomi di personalità che sono all’origine degli strumenti che usiamo ogni giorno, l’artista illustra una normalizzazione in azione. La definizione dell’utensile influenza la forma. Si ritorna anche alla fonte di una tipologia di strumenti simbolici (Mac, Photoshop, Photoshop, strumento di ricerca come Google) per invertire un certo ordine visivo prevedibile. L’altra parte del suo lavoro, la cui fonte è più sepolta ma notevole, proviene da questa cultura asiatica, a volte kitsch, nelle sue parole, che emerge sotto forma di materiali (madreperla, legno) o di alcuni motivi floreali, come i fiori tatuati o le sculture che utilizzano la struttura dei templi vietnamiti. I suoi autoritratti su madreperla, piccoli frammenti della propria immagine, fanno rivivere due storie: la sua, certo, ma anche quella della fotografia qui deviata dal suo mezzo tradizionale. Questo è il caso anche delle fotografie che ha scattato dei suoi ambienti personali, stampate su PVC, che permettono all’immagine di andare oltre la cornice. Emancipare le tecniche, invertirle: così si struttura l’approccio di un’artista che conosce troppo bene la tecnica e le macchine, in modo da non abusarne, un po’ e delicatamente, per evocare il prevedibile e sconvolgere l’atteso ». (di Léa Chauvel-Lévy)